Quasi dimenticata la sosta a Las Palmas siamo pronti alla traversata dell’Atlantico. Tutto procede bene, le acque sono calme e debbo dire che l’oceano con la sua tranquillità ci aiuta a non pensare ai prossimi quattordici giorni di navigazione prima di toccare terra in Venezuela. Il sud America ci aspetta.
I turni di guardia in ADT si susseguono con la consueta pallosità tolte le prove in centrale e qualche puntamento fittizio su enormi albatros che riusciamo a tenere in inseguimento. Nonostante la distanza sia notevole, circa trenta chilometri, riesco con l’ottica a veder distintamente le loro piume e mi chiedo se l’emissione radar, come una seduta di marconiterapia, farà passare loro i dolori artrosici dato che l’umidità del mare non è certo un toccasana. A mezzanotte monto di guardia; dopo due spazzate radar metto la centrale in stanb-by e tutti cominciamo a turno a raccontare spese, conquiste vere o presunte vere e a fare progetti per i porti futuri attendendo soprattutto la sosta di Rio de Janeiro per chissà quale avventura.
Le due ADT 34 e 36 sono contigue quindi il bailamme è pressoché totale essendo in otto a discutere, a scherzare e a prendere bonariamente in giro l’imbranato di turno, ma con le cuffie in testa onde evitare che ordini dalla COC non vengano intesi con le conseguenze che questo potrebbe causare. Non è un atteggiamento solito questo, ma per molti il solo fatto di visitare paesi esteri è forse l’unica occasione che avranno nella vita non essendo mai usciti dal proprio paesello o dalla loro cittadina, quindi l’eccitazione è totale e nel momento che tutto diventerà normale e verrà acquisito come un dato di fatto torneremo sicuramente a comportarci seriamente. Io che vengo già da un altro imbarco e da una crociera di rappresentanza, ho già attraversato l’equatore perciò salgo su un piedistallo dal quale , goduto, non scendo. Passano veloci le quattro ore di guardia e poco prima del cambio mi appoggio alla centrale attigua attendendo il cambio. Mi ritrovo tra le mani un elastico che avvolgo a turno su tutte le dita e pochi istanti prima di essere rilevato non trovo di meglio da fare che avvolgerlo attorno a tre alberini dei sincroni sporgenti dal pannello della centrale impedendone di fatto il movimento .Come non bastasse decido di fare uno scherzo e sfilo qualche fusibile. Il problema è che la centrale non è neppure la mia ,è quella di Vincenzo ,EM68 come me, e lo scherzo non è diretto a lui ma ad un sergente di leva buono come il pane e soggetto di bonarie prese in giro in quanto tale. Una volta rilevato scendo in mensa, bevo qualcosa di fresco e vado a buttarmi in branda. Sonno del giusto. Suona la sveglia e mentre mi alzo noto che alcuni del mio reparto parlano concitati di un fatto increscioso; cioè che qualche cretino ha reso impossibile le prove al cambio turno e che solo dopo circa un’ora e dopo aver buttato giù dalle cuccette secondi capi, capi di prima di seconda di terza sono riusciti a risolvere l’avaria procurata. Mi domando chi è quel cretino e subito mi si rizzano i capelli in testa: SONO IO.
Mi rendono edotto che logicamente stanno cercano il colpevole e se nulla sapessi dato che il fatto è successo nel mio turno di guardia Senza indugi mi reco dal capo reparto, anche per evitare antipatiche ritorsioni, addossandomene la colpa. Non passano dieci minuti e mi avvertono di presentarmi dal comandante Piccioni nel suo ufficio. Fifa blu. Busso, entro, mi metto sull’attenti e non so perché ma ho la sensazione che riuscirò a saltare le franchigie di Caracas e Rio, ben che mi vada. Il comandante con calma e serenità mi domanda cosa mi è preso e se so cosa sto rischiando, visto che per sabotaggio è prevista la legge marziale.
Mi immagino già nel pozzo catene a remare per aumentare la velocità e ad un soggiorno a Gaeta per una lunga detenzione. Poi il mio turno a parlare. Facendo sfoggio della mia “ars eloquentia”, con apparente e serafica calma sciorino tutta una serie di scuse che vanno dalla noia del terzo grado alla mia giovinezza, dalla disattenzione alla goliardia, dalla stupidità insita in me alla voglia di godere per innocenti scherzi ad amici (alla faccia dello scherzo innocente) quindi mi cospargo il capo di cenere, mi do del cretino e mi affido ala clemenza della corte.
Noto sul viso del comandante uno strano sorriso, quasi divertito mi ascolta attento , probabilmente solo per sapere fino a che punto mi spingo. Sa già cosa comminarmi e sicuramente la sua magnanimità è pari alla sua bravura di comandante. Crede alla mia buona fede, ma deve punirmi. Massimo di rigore.10+10+10.TERRORE.Lo sapevo ma….TERRORE. Torno dal mio capo reparto con le orecchie basse da cane bastonato che, avvertito telefonicamente, mi ha già preparato un bel piantone da incollarmi addosso. Alloggio- mensa – alloggio e divieto di parola con chiunque. Ne approfitterò per studiare e per i primi giorni non farò neppure guardie( GODURIA).Sembra tutto sommato tutt’altro che brutto. Dopo due giorni invece mi manca il contatto con i compagni e comincio a capire cosa vuol dire essere carcerati. Poi la svolta. Per motivi di servizio la pena viene commutata in 5+5+5; non so se previsto, non indago, preferisco credere che il mio amico furiere segretario del reparto (i furieri è cosa nota sono i veri padroni del vapore) abbia truschinato quanto basta. L’ultimo giorno di consegna lo sconto in porto a La Guaira e qui la fortuna mi aiuta: sono pure di guardia in porto. Mi servirà di lezione quanto ho rischiato?
P.S. No
Dario Bilotti
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