Chevraud

I miei passi calpestano la neve che sfrigola sotto gli scarponi, scricchiola sotto il mio peso e girandomi, il solco lasciato dai miei passi mi disturba perché ho in qualche modo violentato un meraviglioso tappeto. Il manto intonso ricopre in ogni suo punto la strada. Un serpeggiante bianco ed uniforme strato, soffice e freddo, si incanala tra muri a secco e rive scoscese. Leggere ed eteree ombre si proiettano sui bordi del celato sentiero. Piccoli punti luminosi fanno capolino riflettendo la poca luce emessa da saltuari lampioni come una semina di improbabili brillantini. Non c’è nessuno e nel buio della sera, stranamente rossa per il riflesso della città lontana, il mio passo leggero ma deciso si bea del rumore creato dal mio incedere. Sto bene, al caldo nel mio pastrano sento distintamente l’appoggiarsi del fiocco sul cumulo in cui sono immerso come una parte integrante di esso, un rumore indistinto ma continuo, ovattato e lieve che tutto copre come una coltre di soffice lana. In fondo alla strada il paese sembra un presepe, poche luci annebbiate dalla neve che scende senza tregua per tenere in casa davanti al focolare il montanaro, che copre le stalle dove pazienti mucche ruminano il fieno rimpiangendo gli alti alpeggi estivi.
Fili di fumo escono dai comignoli, dritti come fusi salgono in cielo facendosi penetrare da freddi cristalli e illuminandosi poco al di sopra del colmo del tetto come ad avvertire che sotto c’è umanità, calore, fede, forza e pazienza per una vita dura.
Mi avvicino sempre più alle rade case e un canto via via sempre più forte mi viene incontro. L’unica osteria del paese ha al suo interno una parte di vita gioiosa, i cori di montagna tengono compagnia e avvicinano il cuore e i polmoni di pochi avventori davanti ad un bicchiere di vino rosso. Entro per un caldo ristoro. L’oste premuroso si avvicina con fare gentile e mi invita a sedermi per scaldarmi un poco.
Visi stupiti mi squadrano con sguardi interrogativi, sono straniero ma con gli stessi occhi e gli stessi pensieri, faccio parte del loro mondo e loro non lo sanno. Un sorriso misto a commozione mi scolpisce il viso, è quasi Natale, sto tornando a casa.

 Dario Bilotti

timone

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