I tiri…mancini

Il silenzio è già suonato da un bel po’ e dopo aver fatto casino (oltre il lecito come al solito) ci accingiamo a dormire. Qualcuno spegne la luce e scambio ancora due chiacchiere con Elia, al buio, fino a quando ci invitano a stare zitti con fare gentile tipo: avete finito di rompere i c…….? dobbiamo dormire !
Accettiamo l’invito e dopo una “buonanotte” generale alla camerata sto per chiudere gli occhi, ma dalla porta che si spalanca entra Domenico Varriale che in un signorile silenzio si avvicina allo stipetto per spogliarsi. Si toglie il camisaccio, il corpetto e si siede sul bordo della sua branda, quella inferiore, si slaccia le scarpe e mentre si accinge a togliersi i calzini, una mano nella penombra si allunga e apre con gesto furtivo l’anta dello stipetto precedentemente chiuso.
Quel che ne segue è roba da tregenda. Domenico toltosi i calzini si alza in piedi incornando l’anta con tanta violenza che udiamo distintamente l’unione tra cranio e ferro, il sollevarsi e il riabbassarsi dell’armadietto con rumore metallico amplificato dal silenzio che regna. Udiamo solo un sommesso hu! vediamo la luce del corridoio che inonda la camerata e il buon Domenico con una mano sulla testa uscire dalla porta aperta silenziosamente e altrettanto silenziosamente richiusa.
Passano non più di quattro secondi e si scatena una sequela di invettive: mannaggia di qua, mannaggia di là e probabilmente tutti i santi del calendario in quel frangente sono stati scomodati. All’interno del camerone, dopo l’inutile tentativo di reprimere il riso, esplode una irrefrenabile, sonora, devastante, lacrimante risata. Guagliò chissà che male, ma quanto ridere.

 Dario Bilotti

timone

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