Down Patrol

Ho voglia anch’io di scrivere qualche cosa all’interno degli aneddoti. Purtroppo la memoria lontana non mi sostiene molto e i ricordi sono piuttosto sfumati. Non mi ricordo con che nave (probabilmente l’Intrepido), ma mi ricordo benissimo che al rientro da una Down Patrol (spero sia scritto bene) svolta nel mare Egeo (eravamo stati a Salonicco in Grecia e a Smirne in Turchia insieme a diverse altre navi di varie marine mondiali) per due mesi circa, stavamo tornando a La Spezia ( eravamo già dentro la seconda diga foranea che protegge il porto), quando arrivò un ordine radio dall’Ammiragliato.
Questo ordine diceva che la nave doveva immediatamente ripartire per Creta perché al largo di questa isola c’erano unità sovietiche e occorreva sorvegliarle. Ora noi avevamo già avuto diversi inconvenienti con le unità sovietiche. Per spiegarmi dirò che la mattina quando ci si svegliava e si andava in coperta a prendere un po’ d’aria, lo sport della nave era quello di contare le navi che ci circondavano. Se le navi che partecipavano all’esercitazione erano (per dire) trenta, state tranquilli che ne venivano contate sempre 32 o 33. Gli infiltrati ovviamente erano i russi che ci controllavano. Chissà che gusto!!!!!
Però adesso quella era acqua passata. Ora stavamo rientrando e in molti si sospirava una licenza. Niente di tutto questo. Il comandante fece invertire la rotta, fece accendere le altre due caldaie (la nave ne aveva quattro, ma in trasferimento si navigava con due) e a tutta velocità si tornò a Creta. Arrivati in zona effettivamente trovammo una nave russa e un sommergibile, fermi in acque internazionali e gli equipaggi stavano……….facendo il bagno in mare.
Così, noi cominciammo a girargli intorno ad una certa distanza osservandoli scaccolarsi e godersi il fresco dell’acqua mentre noi stavamo a bordo a fare le guardie e a sospirare sulla licenza sfumata. Va beh. Però le disgrazie non vengono mai sole. Forse dallo sforzo fatto per raggiungere a tutta velocità la zona di controllo, forse perché doveva comunque accadere, fatto sta che un dissalatore di bordo decise di andare in ferie. Non funzionava più.
Al che il comando ci comunicò che l’acqua dolce che riusciva a produrre il dissalatore funzionante doveva servire per fare funzionare le macchine, per fare da mangiare e per bere. Non c’era acqua per lavarsi. Per questo il comandante autorizzò chi voleva (in momenti appositi) a fare il bagno in mare. Come i russi pensai io. E qui per me nacque un grosso problema. Io avevo fatto l’esame di nuoto nella piscina delle scuole Cemm, ero anche stato promosso a questo esame, ma io avevo (ed ho) una paura pazzesca ad entrare in acqua con fondale più basso del mio ombelico.
Per cui niente bagno. Vedevo tantissimi (specialmente i napoletani) tuffarsi dalla seconda tuga e anche dalla terza. Vedevo la motobarca in mare con i marinai armati per eventuali pescecani o altro, ma non trovavo il coraggio di buttarmi. Però anche in quella occasione non mi persi d’animo. Io non credevo che fosse così, ma scoprii di non essere l’unico ad avere paura di buttarmi a mare. Erano in molti che decisero di fare come me o io decisi di fare come loro. Siccome a bordo l’impianto antincendio fatto con l’acqua di mare è sempre pronto a funzionare, andammo sul ponte di volo, si prese una manichetta antincendio in fondo alla quale attaccammo una pigna sempre dell’antincendio, aprimmo il rubinetto e ………..facemmo il bagno a bordo con l’acqua del mare. Dopo un estenuante periodo di controllo (ma che cosa controllavamo?) finalmente ci fecero rientrare a La Spezia e potemmo goderci la sospirata licenza. Ma non è finita.
Tra l’esercitazione e la lunga sorveglianza tutti noi avevamo fatto una notevole scorta di sigarette e liquori. Ora c’era da farli uscire dall’arsenale e portarli a casa. Io in banchina avevo la mia prima macchina (un 500 celestina regalatami da un maresciallo di Lecce che si era trasferito e non gli serviva più) per cui presi tutta la mia scorta la caricai in macchina e andai alla porta dell’arsenale per uscire. Fui fermato dai caramba di guardia e dopo la nota domanda “nulla da dichiarare?” io gli feci vedere e loro mi dissero: “ne lasci metà, il resto lo porti via”. Io sono sempre stato un po’ incazzoso e anche quella volta non fui da meno. Dissi “manco per idea”. Girai la macchina e tornai sottobordo. Stavano uscendo i franchi e io affidai ad ognuno di loro una stecca di sigarette o una bottiglia. Quindi uscii con la macchina in regola e mi appostai nella piazza davanti all’ingresso dell’arsenale. Aprii il tettuccio della 500 e ogni marinaio dell’Intrepido che passava metteva dentro quello che i caramba volevano sequestrare.
Però che bello ricordare queste cose!!!!!

 Moreno Quartieri 

timone

Condividi l'articolo

Condividi l’articolo su WhatsApp


Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *