Il raduno di Volterra

discussioni serali

Prima di iniziare a scrivere di questo splendido raduno toscano, è d’obbligo una nota di merito per il fratello Mauro che lo ha organizzato in modo impeccabile. Pure, un piccolo appunto va fatto. Era stato indicato come Il raduno di Volterra, ma in pratica a questa stupenda cittadina della provincia di Pisa, sono stati dedicati gli ultimi momenti del raduno, quando già ognuno di noi pensava al rientro a casa, ed in particolar modo il sottoscritto, che aveva anche l’onere di dover accompagnare il fratello Mimmo alla stazione delle Ferrovie dello Stato di Firenze. Forse se invece della gita a Massa Marittima, quel giorno lo avessimo dedicato alla visita di Volterra e del vicino paese San Gimignano, con le sue famose tredici torri, il raduno sarebbe stato senz’altro più interessante. Ma, indubbiamente è stata una bella esperienza. Più o meno a Volterra si sono ritrovati i fratelli che avevano partecipato alla comandata di Taranto; al posto di Michele, c’era Florindo. Ovviamente erano presenti quasi tutte le consorti; unici single Dario e Mimmo, che hanno fatto poi gli sposini in una camera matrimoniale… Per me il raduno era iniziato il giorno prima, cioè sabato 29 maggio. Infatti, grazie ad un altro miracolo del nostro sito, un vecchio compagno d’imbarco su Nave Grosso, un Em/48 diplomato di leva della provincia di Livorno, era riuscito a contattarmi; così approfittai del raduno toscano per rivedere Vincenzo, questo era il suo nome, dopo circa quarant’anni! Incontro emozionante, che avvenne proprio sotto la Torre Pendente. Ci riconoscemmo subito, nonostante che il tempo avesse operato spietatamente sui nostri corpi. Lui di me si ricordava l’infantilità; infatti imbarcai sul Grosso, imberbe diciottenne, proveniente da Mariscuola, con un bagaglio di speranze e di illusioni che naufragarono miseramente quando posi il piede sulla passerella di quella corvetta, che si trovava a Taranto per dei lavori di manutenzione. E lui, Vincenzo, già sergente, mi prese sotto la sua protezione. Quando si congedò, persi un vero amico.
Quelle poche ore trascorse insieme a Pisa, in compagnia delle rispettive consorti, sono servite anche a farmi capire che a Pisa, oltre alla Torre Pendente ed alla Piazza dei Miracoli, ci sono altre belle cose da vedere, oltre alle…turiste!
La notte, nell’agriturismo Il Cerqueto di Pomarance, c’eravamo solo io e Pina; la coppia di giovani, Mara e Nicola, che lo gestivano ci avevano aspettato con leggera ansia, perché ci eravamo persi su quelle colline; cenammo in una trattoria del vicino paese di Pomarance; e la mattina seguente, domenica 30 maggio, in attesa dell’orario per andare a recuperare Mimmo a Firenze, la dedicammo alla visita di un’altra splendida città della Toscana, Siena, che non è solo la famosa Piazza del Palio, e che ha bisogno di più di una mattinata per essere visitata a modo.
Mimmo è arrivato puntuale da Napoli col treno alle ore 15,37; e con la sua inesauribile e inconfondibile chiacchera, mi ha pure distratto nella guida, per cui ho sbagliato qualche cosa sull’autostrada ed ho allungato il viaggio di una ventina di chilometri!
Anche a Mimmo è piaciuto l’agriturismo Il Cerqueto che in effetti aveva qualcosa in più rispetto al Podere di Pietraposa in cui abbiamo ritrovato gli altri e dove abbiamo consumato tre cene. Alle diciotto c’è stato il solito emozionante incontro tra fratelli; erano appena due settimane che ci eravamo lasciati, eppure ci sono stati i soliti baci e abbracci. Abbiamo ritrovato i toscani Mauro, Moreno, Cicciano ( Giovanni verrà domani), con le consorti Manuela, Lucia e Grazia; poi sono arrivati Florindo, Ciro, Bibi e Giancarlo con le rispettive compagne; aggiungendo il sottoscritto, con la moglie Pina, Mimmo e Dario, eravamo dieci maschietti e otto femminucce. Verso le venti, Sara e Paolo, i gestori di questo angolo di paradiso, lei cuoca e lui cameriere, ci hanno fatto accomodare nell’ex porcilaia, rimessa a nuovo, come tutto il resto dell’agriturismo e dove ci siamo seduti ad un’ampia tavolata al capo della quale spiccava la nostra bandiera. Buona la cena, tutta roba genuina, non abbondante, ma direi che non si è sprecato niente. Il buon Dario, oltre che bravo barzellettiere, si è rilevato anche un ottimo poeta, infatti ha realizzato due scritti, uno per le donne e uno per i fratelli; li ha letti entrambi, con la sua solita bravura. Specie quello dedicato alle donne, ha suscitato un po’di emozione. Carini anche i pensierini realizzati da Mauro: una rosa rossa per le donne e un tappetino per mouse, sul quale era stampigliato il nostro logo; ma pure la pergamena con il programma e il menù di questi giorni è stato realizzata con gusto e semplicità.
Siamo andati a letto non troppo tardi, dopo qualche barzelletta e chiacchera al chiaro di una luna che splendeva in un cielo terso e stellato.
L’ultimo giorno del mese di maggio ci ha trovati, verso le nove e mezzo, radunati nell’agriturismo Podere di Pietraposa, in partenza per Massa Marittima. Ero convinto che andavamo, da vecchi marinai, in un posto sul mare, e invece, con mia somma sorpresa salivamo per delle aspre montagne – forse avranno sbagliato strada – ho pensato tra me; e invece questo paese era proprio situato nelle colline maremmane della provincia di Grosseto, e non, come pensavo io, una località della Versilia, e distante dal mare una ventina di chilometri. Come mai quell’aggettivo Marittimo? La guida che trovammo nella cittadina, ce lo spiegò pure, ma vattelo a ricordare. Per arrivare a questo paese, abbiamo attraversato una zona geologica particolare: da sotto terra fuoriuscivano i cosiddetti soffioni, getti di vapori caldi, che vengono utilizzati anche dalle centrali elettriche dell’Enel. Peccato che diverse lunghe e larghe condutture cilindriche di alluminio, in cui vengono convogliati i vapori, deturpano molto il paesaggio montanaro circostante. A Massa Marittima era ad attenderci Chiara la guida che alla fine della visita alla città si è trasformata in…barista; infatti la visita si è conclusa nei pressi del bar gestito da sua madre e dove quasi tutti abbiamo fatto uno spuntino. Giancarlo e Silvana erano rimasti alle porte della città, perché lei aveva un problema al ginocchio e non se la sentiva di attraversare le ripide stradine della cittadina. Hanno tenuto loro compagnia Giovanni e la moglie che, come promesso ci avevano raggiunto a Massa Marittima, ma alla fine della giornata sono andati via senza venire a cena con noi a Pomarance.
Interessante la visita a questa antica città medievale, un tempo contesa dalle potenti città di Siena e Firenze, perché aveva un sottosuolo molto ricco dal lato minerario. Abbiamo visitato un chiostro e annessa chiesa, il Duomo, la Torre del Candeliero, e l’antico borgo medievale. Non abbiamo visitato un luogo nomato la Fonte, perché in restauro, e dove era conservato un affresco rappresentante la fertilità, affresco che però abbiamo ammirato in fotografia, grandezza naturale, all’esterno, sulle impalcature del cantiere in allestimento. Verso le 14,30 abbiamo lasciato questa località per raggiungere la seconda meta di questa giornata, un eremo, dove si ritirò un ricco nobile, che stanco della vita di guerriero, venne a ficcare la sua spada nella roccia di questo eremo, dove concluse la sua vita da eremita. Abbiamo poi visitato una enorme abbazia sconsacrata e della quale restavano in piedi solo le alte mura del tempio; completamente scoperchiato il tetto. Sembra che l’origine della decadenza di questa abbazia fu un incendio, che distrusse il tetto che era in legno. Poi hanno consolidato le sole mura di questo maestoso rudere, per permettere l’ingresso ai visitatori, senza alcun pericolo per la loro incolumità. Prima di tornare a Pomarance, siamo stati a visitare un parco naturale di soffioni, abbiamo fatto solo una parte del percorso perché era piuttosto tardi, ma è stato oltremodo interessante; sembrava di essere in un paesaggio lunare… I vapori erano caldi e odoravano di zolfo. La cena è avvenuta più tardi, verso le nove, più o meno leggera come ieri, anche se stasera c’era dello spezzatino di cinghiale. Dopo la cena c’è stata la piccola lotteria. Ciro, come promesso aveva portato, come quasi ognuno di noi, un pensierino da sorteggiare, e il suo regalo era davvero bello, quelle tegole che lui realizza artigianalmente e che sembrano dei piccoli presepi. Sia io che lui avevamo pensato di donare questo regalo, pilotando il sorteggio, al gran capo Moreno, invece hanno deciso per il sorteggio e il pezzo è andato alla moglie di Cicciano. Dopo il sorteggio ognuno si è ritirato nella propria camera a riposare; e ne avevamo bisogno, si è camminato tanto oggi!
Ci siamo ritrovati più presto nel primo giorno di giugno; il tempo continua ad esserci alleato, belle giornate di sole, ma non eccessivamente calde. Abbiamo anticipato la partenza perché oggi c’era da viaggiare parecchio. Alla fine siamo partiti in cinque macchine. Ieri io e Pina eravamo nella Multipla di Giancarlo. Durante il percorso ci siamo persi più volte, per cui siamo arrivati a Montalcino con 40 minuti di ritardo sulla tabella di marcia, per cui la visita alla cittadina è stata fatta piuttosto in fretta perché Mauro aveva prenotato il branch alla Fornace ad un orario stabilito. Tentare di descrivere località come Montalcino, è sempre impresa difficile; quello che riesci ad esprimere con la penna, non rispecchia mai in modo completo la realtà; bisogna venirci di persona in queste zone, per scoprire sia la patria del Brunello e di altri vini rinomati, che apprezzarne a fondo le caratteristiche naturali e monumentali.
E prima di addentrarmi nella descrizione di questa piacevole mattinata, ci voglio inserire l’impressione che Dario ci diede via e-mail alcuni giorni dopo il raduno:
Abbiate pietà per un misero cavaliere sperdutosi nelle morbide colline di Siena. In cerca di verità e di abbandono tra le braccia di veri amici chiedo venia se a taluni il boccone andò di traverso per il sommo ridere. Le gentili pulzelle che accompagnarono i cavalieri di altri paesi lontani so che mi hanno amato per il mio incedere elegante tra frasi e ragionamenti senza capo né coda. Il solito pensiero di ciò che ormai è passato mi rattrista, la gioia e l’armonia creatasi nel gustare il giovin Brunello di Montalcino Riserva, rende offuscata la mia memoria. A quando il prossimo?
Bravo Dario! sei come il Brunello di Montalcino: più invecchi e più diventi buono!
Già nelle campagne circostanti si respirava aria di vino; esse erano coltivate quasi tutte ovviamente a vigneti, ma pure nella maggior parte dei negozi dell’antica cittadina, il vino la faceva da padrone. Tanti turisti che passeggiavano per le anguste strade di questa antica città medievale, la solita piazza col Duomo e poi la visita alla fortezza, dalla quale si ammirava il sottostante panorama della città e delle adiacenti colline senesi: uno spettacolo! ci vivrei volentieri in questa città, sarebbe per me l’ideale, vista anche la passione che ho per i vini pregiati e non; invece Mimmo non ci verrebbe mai a viverci; secondo lui troppo isolato il paese, i dintorni non attraenti, e i centri urbani troppo lontani. Dopo la visita alla città, ci siamo recati all’Azienda Agricola La Fornace, alla periferia di Montalcino e, ovviamente immersa nel verde dei vigneti. Siamo stati accolti da Fabio il gestore, un gentilissimo e disponibile giovane, che ci ha fatto accomodare in un’accogliente stanza ove era apparecchiata una tavolata per il branch; ma prima abbiamo preso d’assalto un invitante albero pieno di ciliegie; chissà cosa avranno pensato di quest’assalto i gestori; Mimmo addirittura si è arrampicato sull’albero, ma l’ha fatto dopo il branch, evidentemente pure a lui si è stato esaltato per i vapori dell’ottimo Brunello; e Fabio ce ne ha fatto assaggiare tre tipi, ognuno accompagnava una pietanza (crostini al pomodoro, formaggi con affettati e una piccola grigliata di carne); Fabio ci ha fatto poi capire perché il Brunello, oltre che ad essere buono, è così caro. Esso viene messo in vendita con un minimo di cinque anni di invecchiamento; ma proprio la sua lavorazione richiede tempo e passione; lo abbiamo capito meglio quando ci ha poi mostrato il resto della cantina, spiegandoci le varie fasi della lavorazione, che rendono alla fine questo vino così delizioso. Ne abbiamo bevuto tanto, eppure alla fine nessuno si è sentito male. Ma oltre al Brunello (una bottiglia di Riserva Speciale può costare anche 50 €!), in questa cantina vengono prodotti vini anche più economici, come il Rosso di Montalcino. Insomma grazie alla disponibilità di Fabio ci siamo fatti una cultura generale sul vino; ha poi soggiunto che tutte le operazioni per la produzione del Brunello, vendemmia compresa, vengono fatte scrupolosamente a mano e con… passione. Per ricordo mi sono comprato tre bottiglie di Brunello, ma quelle più economiche, e cinque litri di Rosso, per consumo. Erano le sedici quando, dopo aver salutato il buon Fabio, felici e contenti, siamo andati via. Ci siamo recati a visitare l’Abbazia di Monte Oliveto; pure qui ad attenderci c’era una guida, un po’preoccupata per il nostro ritardo, ha dovuto poi accelerare le sue spiegazioni. Questa Abbazia è attiva, nel senso che in essa ci vivono sia monaci che monache, gli uomini li abbiamo pure visti, mentre le donne no, si vede che sono di clausura. I monaci sono dell’ordine benedettino; non so come trascorrano la loro giornata, sicuramente in studi e meditazione. Del resto il posto è ideale per queste occupazioni spirituali. Interessante l’Abbazia trecentesca, ricca di opere d’arte. Certo è che il nostro Bel Paese è unico al mondo, con le sue bellezze naturali ed artistiche; e devo pur dire che è conosciuto poco dagli italiani. Ma sai quanti altri paesi come Montalcino o Abbazie come queste, sono sparse lungo lo Stivale? Oltre all’Abbazia, abbiamo visitato anche l’annesso Chiostro che, secondo la guida è uno dei più belli al mondo, infatti sulle quattro pareti diametrali di esso, ci erano affreschi realizzati dal Signorelli e dal Sodoma, e che rappresentavano vita e miracoli di San Benedetto. Alle 19 abbiamo preso la via del ritorno. Siamo arrivati a Pomarance che erano le venti e trenta, così abbiamo rimandato la visita all’agriturismo di Paolo e Sara al dopo cena. In verità non avevo troppa fame né sete! ma le lasagne e il polpettone erano invitanti e così pure questa volta ho fatto onore alla tavola. Dopo cena, eravamo fuori a prendere il fresco, ad un certo punto ho chiesto agli altri – adesso ci vedremo tra un anno? Qualcuno ha risposto malinconicamente – così sembra. Dario poi, su richiesta generale, ha recitato, da par suo La Preghiera del Marinaio; pure questa volta, come successe a Taranto lo scorso anno, ho sentito dei brividi corrermi lungo la schiena; oltre alla bravura del poeta, ha influito anche la misticità del luogo.
Dario era appoggiato al muro dell’ex-porcilaia, e poco più a sinistra si vedeva in lontananza un cielo meravigliosamente stellato, nel quale spiccava la luminosità di Espero, dove magari trovano riposo gli spiriti dei marinai estinti o di tutti coloro che hanno perso la vita su quell’elemento infido, ma da noi tanto amato, che è il mare.
Sara e Paolo ci hanno poi mostrato i loro luoghi di lavoro, ove ammazzano il maiale e ne ricavano di gustosi insaccati. Ma realizzano anche formaggi e le altre cose che poi servono in tavola ai loro clienti. Davvero molto bravi questi due giovani che hanno scelto un modo di vivere molto particolare, nel rendere felici gli altri, ma soprattutto se stessi. Questa è la filosofia di Paolo e Sara; ma anche gli altri due giovani dell’Agriturismo Il Querceto dove eravamo alloggiati Pina, il sottoscritto, Florindo, sua moglie Patrizia e i due single Mimmo e Dario, avevano la stessa filosofia; infatti quando abbiamo salutato Mara e Nicola, ci hanno dato un biglietto su cui era scritto Il nostro più grande desiderio era quello di farvi respirare un’atmosfera del tutto familiare, come se ci conoscessimo da sempre. Regalandovi un sorriso che possa lasciare un bel ricordo nel vostro cuore, vi salutiamo e vi ringraziamo per aver scelto la nostra struttura.
L’ultimo risveglio di questo raduno è stato…uggioso; forse pure al tempo dispiaceva la nostra partenza. Addirittura il cielo si è messo a piangere; poi per fortuna è tornato un po’di vento che ha spazzato via le nuvole. Dopo aver salutato sommariamente gli altri, Pina, Mimmo ed il sottoscritto siamo andati via, anticipando la nostra visita a Volterra, visto che Mimmo doveva imbarcarsi a Firenze Rifredi sul treno delle 14,20. Come ho già avuto modo di scrivere all’inizio di questa cronaca, è stato dato poco spazio alla visita di questa splendida cittadina; e questa mattina c’era una specie di torneo in costume d’epoca, nel quale si sfidavano i componenti delle contrade che formano questa città; un po’ come succede a Siena, solo che lì il torneo si svolge su impetuosi cavalli, mentre qui viene realizzato un complicato tiro alla fune, legate ad un carro che si muove su un binario e sul quale è posto un cero; infatti il torneo viene nomato proprio Il Palio del Cero, dedicato a San Giusto, e che riporta in vita, con i suoi suoni, i suoi costumi e colori, le tradizioni storiche-culturali e religiose della città. Anche quest’anno il cuore di Volterra è tornato a battere con i ritmi di altri tempi. Poco dopo il nostro arrivo, sono cominciati ad arrivare nella Piazza del Priore, dove era stato approntato un palco per le autorità e delle gradinate per il pubblico, e dove era già stato posizionato il carro con il cero, i contendenti e gli accompagnatori delle varie contrade, a suon di tamburi, tutti in costumi medievali. Uno spettacolo nello spettacolo. È iniziato pure a piovigginare, ma nessuno si è scoraggiato, lo spettacolo è continuato. Comunque Volterra è pure la città ove si lavora l’alabastro, pietra che viene estratta dal sottosuolo di queste colline e che viene lavorato in modo artigianale, e dalla quale si ricavano chincaglierie ma anche cose più sofisticate, come vasi, statuine e addirittura degli scacchi. Non so come sia andata poi a finire il torneo, perché ad un certo orario, salutati gli altri fratelli e consorti che erano arrivati in piazza, noi tre siamo andati via. Fortuna che avevamo anticipato la partenza perché a causa di un Tom Tom made Napoli, non riuscivo più a trovare la stazione di Firenze Rifredi. Solo dopo averlo spento siamo riusciti ad arrivarci cinque minuti prima dell’arrivo del treno che ha caricato un Mimmo che si era molto innervosito, tanto da minacciare una sua assenza nei prossimi raduni. A quando il prossimo? È una domanda che si è posta pure Dario. Per ora nessuna risposta. Intanto godiamoci questo appena concluso, ringraziando ancora di tutto cuore Mauro per l’organizzazione e sua nipote Sara, il suo compagno Paolo, nonché Mara e Nicola per l’ospitalità ricevuta. Alla prossima e Semper Fratres.

mastriani

 

Rosario Mastriani

 

timone

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