Un racconto dell’amico Nunzio Giancarlo Bianco che ci identifica nei tempi delle Scuole Cemm
C’era qualcosa di più, molto di più, dietro quella marcia in sincronia, quei passi misurati sul tempo di una nuova vita. Non era solo disciplina, era trasformazione. Da quel momento in poi, ogni gesto – dal risveglio all’alba alla ginnastica tra le prime luci del giorno – diventava un rito. Il corpo si allenava, certo, ma era la mente a plasmarsi in silenzio, costruendo resistenza, spirito di sacrificio e concentrazione. Lo dicevano con fierezza: mens sana in corpore sano, ma tra quelle mura si imparava che la vera forza nasce dalla volontà.
Le file interminabili per la colazione, le aule con quei libroni ingialliti, il tempo scandito da ordini secchi e precisi… tutto era parte di un addestramento invisibile: quello alla vita. Ogni giorno sembrava uguale al precedente, eppure ogni sera ci si scopriva diversi. Più stanchi, sì, ma più pronti.
Eravamo migliaia, ma mai soli. In quel vortice di regole e fatica nasceva qualcosa di raro: lo spirito di corpo, la fratellanza. Bastava uno sguardo, un gesto, una parola al momento giusto per capire che non si era più semplici ragazzi, ma parti di un organismo unico, capace di proteggere e sostenere ogni suo membro. Quando uno cadeva, c’era sempre una mano tesa. Quando il morale calava, bastava una risata o una storia del proprio paese per ritrovare la rotta.
La vera ricchezza stava lì: nell’umanità condivisa, nei racconti portati da ogni angolo d’Italia, nell’accoglienza della gente di Taranto o della Maddalena, che ci hanno adottati come figli, ricordandoci che appartenenza e accoglienza possono coesistere.
Il percorso verso il traguardo – diventare Sottufficiali della Marina Militare – era costellato di sacrifici, certo, ma anche di piccoli miracoli quotidiani: la scoperta di sé, il superamento dei propri limiti, la nascita di legami destinati a durare per sempre.
A guidarci c’erano figure che non erano solo superiori, ma modelli di vita: il Comandante Arena, il Colonnello medico Buono, il Comandante Manco, e in aggiunta – figure indimenticabili – Turchetti e Galizia, due punti di riferimento che hanno lasciato un segno profondo. Uomini che ci hanno mostrato che l’autorità può convivere con l’eleganza morale, la fermezza con l’umanità.
Ogni marcia, ogni ordine, ogni istante condiviso contribuiva a formare una generazione temprata. E anche se c’erano lacrime, quelle non toglievano forza, la moltiplicavano. Eravamo giovani, sì, ma con un sogno che bruciava forte nel petto. Ed è quel sogno che ci ha permesso di avanzare tra le difficoltà, rendendo il dolore uno strumento, non un ostacolo.
Alla fine, si scopre che il vero addestramento non era solo fisico, ma interiore. Quella “classe” di marinai non è solo un periodo della vita. È un’identità. Un marchio indelebile di coraggio, lealtà e determinazione. Un faro, che ancora oggi, anche a distanza di anni, illumina le scelte e dà direzione.
A Taranto, le Scuole CEMM vennero formalmente istituite nel 1947 e successivamente riordinate in “Gruppo Scuole CEMM” negli anni ’50 – con un richiamo forte alla tradizione del Corpo Equipaggi Militari Marittimi.
A La Maddalena, la Scuola nacque nel 1949, radunando progressivamente corsi operativi (nocchieri, tecnici, motoristi) fino alla riorganizzazione del 1980, quando assunse il nome attuale «Scuola Sottufficiali Marina Militare M.O.V.M. Domenico Bastianini».

Nunzio Giancarlo Bianco

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