Lazzotti Mauro

…..Pronto…., parlo con Mauro?…
…..sì, sono io…..
….sono trentacinque anni che ti sto’ cercando…..
….scusi!….. ma chi sta parlando?…..
…..sono Tommaso,…..Tommaso D’Auria!…..,
Riconobbi la voce, era come la ricordavo esattamente; quella di trentacinque anni fa.
In quel momento non riuscivo nemmeno a rispondere, e preso dall’emozione cominciai a fare le solite domande:…. come stai? ……cosa fai?…..dove ti trovi?……, e penso, che quella telefonata sia stata la spinta che ha rimesso in moto dei vecchi pigroni, marinai del Corso Em 68, che ormai pensavano di aver dimenticato tutto, di quei momenti vissuti assieme.
Allora, dal quel momento ho cominciato ad aprire quei cassetti pieni di ricordi, sono tornato indietro,…….nel 1968, ragazzi!……. sono quasi trascorsi quarant’anni, eppure sembra così poco tempo.
Io, in quell’anno, frequentavo la prima classe all’istituto Tecnico Nautico, la sede scolastica era proprio nella darsena di Viareggio, e dalle finestre si vedeva il mare e una distesa di barche ormeggiate, poi tutti i giorni, lungo il tragitto dalla stazione ferroviaria a scuola, ogni tanto quel manifesto contagioso…”vieni in Marina, sarai un tecnico……….”. Nonostante fossi ripetente della prima classe, i profitti erano veramente scarsi, però la voglia di mare molta. Allora pensai che la mia vita sarebbe stata quella di un tecnico che voleva girare il mondo, e così…….. ” Babbo!……, voglio andare in Marina….”, i miei genitori acconsentirono. Intanto nell’attesa che arrivasse la cartolina per l’arruolamento, per il secondo anno in estate, facevo il cameriere alla “Bussola”, famoso locale dove Celentano, Mina, Tom Jones, e tutti i migliori artisti del momento erano di casa. Ma quando arrivò la cartolina mollai tutto, non vedevo l’ora di partire, andai anche a farmi un taglio di capelli da militare, con la speranza che fosse giusto, ma ahimé, mi sbagliavo, arrivato alle Scuole furono accorciati ancora. Nel frattempo mia madre aveva conosciuto un 2° Capo MA, che abitava nel mio paese, e proprio in quei giorni doveva rientrare a bordo dell’Indomito di base a Taranto, e lui conoscendo tutti i problemi del lungo viaggio, che aveva fatto chissà quante volte, mi consigliò che, da Napoli a Taranto il viaggio era meglio farlo in cuccetta, e così facemmo.
Arrivai a Taranto con qualche giorno di anticipo, invece del famoso giorno venti agosto, e così mi ritrovai con la prima matricola del corso Elettromeccanici ’68.A poco a poco cominciarono ad arrivare anche altri, ma stranamente tutti ricordiamo con meraviglia l’arrivo di quell’Alpino, e qualcuno forse avrà pensato…….”oh!.. cacchio si è rovesciata l’Italia!”. Cominciò così, il primo anno alle Scuole CEMM, e devo dire che iniziai a studiare veramente, tanto che poi alla fine dell’anno scolastico, mi ritrovai con quel cordoncino rosso alla spalla sinistra,….. ero un Allievo Graduato! Poi il secondo anno, arrivò la tanto attesa S.Barbara , dove a noi, era concesso l’abbellimento del refettorio con un grande murales, e una piccola sfilata con qualche disegno sulla maglietta, orgogliosi di questo perché, eravamo il Secondo Corso Elettromeccanici.
Piano, piano cominciano a ritornare alla mente, quei piccoli ricordi che sembravano dimenticati, i gavettoni estivi che ci facevamo nei servizi igienici, attingendo l’acqua da quel bidone che doveva servire per casi di emergenza, poi alla sera di nascosto, facendola in barba anche al T.V. Cotignola, andavamo alla cucina degli Ufficiali, per acquistare un panino con la frittata,……ragazzi! era la fame…… Se poi ci prendevano, ci sbattevano in mezzo al campaccio a fare ore di piantone, non importava, tanto poi c’era Rosario, il nostro “salvatore”. I nostri primi approcci con l’elettronica , per qualcuno furono sconvolgenti…….”ma,……Capo!!!
sui manici c’è scritto 15000 volts…..”. Niente di preoccupante, aveva messo i puntali della pinza nella presa dei 220 volts, ma poi da lì, la Marina capì che non avrebbe potuto fare a meno del corso Em 68.
Arrivò l’imbarco e, ognuno partì per la propria destinazione, da quel giorno per molti di noi si divisero le strade e iniziò l’avventura sulle navi. Io, assieme a Marzo, Zanardello, Consonni, Mattiuzzo, Falcone, Varriale imbarcammo sull’incrociatore A. Doria, e mica bazzecole, era la nave Ammiraglia dell’Alto Tirreno. I miei primi mesi su quella nave, furono abbastanza difficili. Per poter dormire, ero sempre alla ricerca di una branda di qualcuno che era in licenza, ma a volte nel pieno della notte la licenza finiva e, armi e bagagli in spalla andavo a dormire sul “pagliolato” della centrale di tiro, ma da giovane ventenne, questo non mi spaventava. I quattro anni a bordo, passarono tranquilli, ogni tanto uno sbarco munizioni, vari lanci missilistici nel poligono di Salto di Quirra, poi le visite nei vari porti del Mediterraneo. Ma un ricordo particolare del mio imbarco, che mi sembra di riviverlo, accadde; nel novembre del 1971. Eravamo rientrati in porto alla Spezia, da una esercitazione , il personale stava già sbarcando, forse alcuni Ufficiali e Sottufficiali avevano già raggiunto le proprie famiglie, quando arrivò l’ordine di rientrare tutti a bordo, e pronti a muovere in pochi minuti. Cosa era accaduto? Una grave sciagura aerea; alle secche della Meloria, un Hercules dell’Esercito Inglese, si era inabissato con una cinquantina di soldati, dovevamo raggiungere quel tratto di mare per dare protezione a chi era già impegnato nelle operazioni di ricerca. Ma dopo poche miglia fuori dal porto, ci si accorse che tutto sarebbe stato molto difficile, la forza del mare stava aumentando, le previsioni davano mare forza otto. Fino a quel momento, penso, che poche persone imbarcate avessero visto un mare del genere. Si rimase in zona per l’intera notte, con la nave alla “cappa”, ma eravamo come un tappo di sughero in un mare in tempesta, sembrava una nave di fantasmi, nessuno circolava per i corridoi, solo in plancia Comando, il personale per la navigazione sembrava poter reggere a tale mare. Vidi, dei Capi di prima Classe attaccati agli oblò, con occhi sgranati, pensando forse se saremmo riusciti a tornare indietro sani e salvi. Al rientro alla Spezia , i segni di quei due giorni di mare si vedevano tutti. Per tutta la nave, a terra i segni inconfondibili del mal di mare, avevamo perduto un radar di scoperta, alcuni di quei cilindri contenenti i canotti autogonfiabili erano scomparsi, portati via dalla furia delle onde, una motolancia era quasi aperte in due, sul ponte di volo, un elicottero che era stato “super-rizzato”, fu controllato, e spedito a Luni per le eventuali riparazioni, io, ripensandoci adesso, non avrei voluto volarci. I giunti dei castelli, di prora e poppa, che davano elasticità alla nave, si vedeva…….. si erano sovrapposti per una quindicina di centimetri. Dopo pochi giorni, eravamo in bacino per le riparazione, sembrava proprio di aver fatto una battaglia navale.
Il tempo passava , e arrivò il 1974, era l’ultimo anno della ferma , potevamo scegliere se continuare la carriera, oppure tornare alla vita civile, senza indossare più la divisa militare. Io scelsi la seconda via, pensando al futuro, perché da Elettromeccanico Missilista, avrai dovuto rimanere imbarcato chissà per quanti anni ancora. Alla fine di dicembre, discesi la passerella, mi voltai, e salutai il Tricolore, come sempre avevo fatto.
Passarono gli anni, piano piano cominciai a dimenticare, la Marina, i “fratelli” con cui avevo vissuto gomito a gomiti per tanti anni. Poi, casualmente mi trovai a lavorare nella stessa azienda con Moreno, ma forse nessuno dei due, pensava che un giorno ci saremmo ritrovati in un fraterno abbraccio, con qualche anno in più, con qualche capello in meno, ma con lo spirito del Corso ’68 Elettromeccanici.
E fu, quella telefonata: ………pronto!!!…..parlo con Mauro?

  Mauro Lazzotti, da Capezzano Pianore

timone

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