Un affettuoso pensiero di Dario per ricordare il fratello Rinaldo Tuninetti
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Due parole per ricordare il fratello Rinaldo
Dopo il primo incontro pensavo d’averlo perso, che non volesse più essere con noi, ma questo fino a quando, relazionandoci, sono venuto a scoprire che i problemi che inevitabilmente possono sorgere glielo hanno impedito. All’inizio il lavoro e i suoi impegni, presi con serietà, lo tenevano costantemente sotto pressione. Clementina, la sua signora, (coloro che hanno partecipato al raduno di Torino l’hanno conosciuta) ha avuto seri problemi di salute ed è stata fortunatamente salvata per il rotto della cuffia. Poi la nascita di Luca, il nipotino, lo ha quasi costretto a diventare nonno a tempo pieno. E quando sembrava che la vita nel suo scorrere si normalizzasse è subentrava la malattia che lo ha costretto a cancellare i momenti prossimi e portare a termine quanto si prefiggeva. I nostri contatti telefonici avvenivano senza cadenze predefinite, sia lui che io ci si chiamavamo quando sentivano la necessità di farlo. Da una di queste telefonate sono venuto a conoscenza dei suoi problemi, sembrava quasi avesse delle remore a raccontarli. Ma come speravo sembrava che finalmente fosse uscito da questo periodo. L’ho quasi costretto a comunicarlo anche a voi. Come un fulmine a ciel sereno la ferale notizia, ho fatto fatica a crederlo. Oggi ho partecipato alle esequie. Ho potuto notare quanto fosse benvoluto e la presenza in chiesa di una moltitudine di persone lo hanno dimostrato. Come vi ho promesso e come già lo feci a Chiara, la sua figliola, ho ritenuto giusto essere presente a nome nostro e ricordarlo. Di seguito le poche righe che mi sono uscite dal cuore:
Ciao Rinaldo, fratello di mare, ho ancora nelle orecchie il suono della tua voce quando ci sentimmo al telefono poche settimane fa, dimostravi fiducia e voglia di ricominciare, tanto da immaginare possibile una pizza più in là, una battuta di pesca e un incontro con i fratelli Em, a La Spezia. Ma ora mi tornano in mente le nostre franchigie a Taranto, una città all’epoca sconosciuta ma che scoprimmo insieme; i nostri discorsi serali a Mariscuola, quando sciorinavamo le ricette di casa per farci dimenticare la lontananza e per nascondere la nostalgia; eravamo in due sezioni diverse ma gli incontri erano sempre cercati. Inutile dirti quanto ho patito l’allontanamento a causa di imbarchi diversi, era un sentimento condiviso. Come fosse oggi mi torni in mente quando ci trovammo con addosso quella bella uniforme di cui andavamo fieri e mi raccontasti della navigazione in quel pericoloso fortunale, ringraziando la mia unità per avervi fatto da riparo navigando di conserva, ma che nonostante questo il mare riuscì ugualmente a scardinarvi il lanciasiluri. Il congedo ci allontanò ulteriormente e solo per l’impegno cercato e voluto da quanti hanno condiviso il tuo, il nostro vissuto, ci siamo ritrovati per ricordare la nostra seria, dura, intensa ma spensierata giovinezza. Ci siamo rivisti, viaggiato in treno come facemmo trent’anni prima, quasi un ritorno al passato per rinsaldare una amicizia mai sopita. Dissertammo non tanto sulle esperienze militari, ognuno aveva e ha da raccontare molto, ma quanto erano serviti quegli anni per trasformarci da giovani imberbi in uomini fatti o prossimi ad esserlo, al valore che si dava alla vita in un ambiente in cui ci si sentiva dipendenti da altri o essere esempio da seguire. Durante uno di quei viaggi mi confessasti che tra le cose più belle che rimembravi erano i tramonti in navigazione, al calare della sera la cerimonia dell’ammaina bandiera e la lettura della preghiera del Marinaio. Giudicammo quei momenti forse il principale motivo per unire i cuori e lo spirito, per dare la buonanotte al sole e l’arrivederci al giorno dopo, mentre la nave continuava il suo moto, sempre pulsante di vita e pronta. In questi ultimi anni ho conosciuto la tua parte borghese, i tuoi interessi, la volontà di fare, l’impegno extra lavoro per le bellezze sabaude, ma soprattutto l’impegno per la famiglia, come marito, padre e amorevole nonno. Ho lodato la tua preparazione e la tua cultura, la tua intensa vita carica di impegni, a cui non rinunciavi perché facevano ormai parte di te. Ti porto il saluto dei compagni di corso, quegli Em68 che con noi hanno diviso fame, studi, punizioni, marce, picchetti d’onore, esami e poi ancora tanto mare, esercitazioni, voltastomaco, notti insonni, il freddo pungente della tramontana o il caldo afoso di una estate del sud, così, ricordati in ordine sparso perché ora sono solo memorie da catalogare su un album tutto nostro. Ora fai ancor più parte di noi e di quel periodo indimenticabile. Buona navigazione. Ciao fratello, ti dedico la nostra preghiera.
Ho scoperto la mia fragilità interiore nel leggerlo, vi confesso che le lacrime erano pronte a sgorgare. Vogliamoci bene ragazzi, non scordiamo chi siamo e cosa abbiamo vissuto, finché siamo in vita prendiamole ogni istante.
Dario Bilotti
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