Avevo compiuto da poco 18 anni, alle spalle una devastante adolescenza, e una infanzia da dimenticare. Quando la vita mi mise di fronte a quella che mi apparve come la scelta meno dannosa, forse la meno traumatica: arruolarmi.
Nel mio caso sarebbe stato meglio nella Legione Straniera, sicuramente più romantica, ma poco probabile, viceversa, in quegli anni sui muri di tutte le città grandi o piccole un manifesto raccontava una favola: ” Vieni in Marina sarai un tecnico, girerai il mondo..!”
A pronunciare lo slogan era, sempre dal manifesto in questione, un baldo marinaio, bello, biondo che impugnava un binocolo intento a scrutare un improbabile orizzonte, come improbabile era tutto il resto.
Non fu quella frase a farmi scegliere, anche perché non avrei mai scelto (se la vita non avesse piegato così malamente per me) di indossare una qualsiasi divisa.
Ma, semplicemente in quel 1967 ero privo d’identità, di visioni future, oltre che di certezze, a farla breve ero privo di qualsiasi cosa.
Per cui, mi dissi, andiamo pure in questo posto assurdo, non sarà mai più assurdo di questo presente, e da li ricominciamo….
Ed eccomi su un puzzolente treno in partenza dalla stazione di Napoli con destinazione Taranto (per me l’altro capo delle colonne d’Ercole!), ad impelagarmi, con rassegnata depressione, in quest’impresa, senza nessunissimo entusiasmo, né tanto meno rimpianti nostalgici.
Nello scompartimento di II classe altri ragazzi come me colà destinati, tra cui Rosario Mastriani. Alla stazione di Salerno ne salì un altro con identica destinazione, un imberbe fanciullo: Giovanni Battipaglia.
Nelle 10 ore che lo scalcinato mezzo ferroviario impiegò per coprire 360 km. Avemmo modo do conoscerci, tutti affratellati nella speranza/timore di quello che avremo trovato.
Nella seguente caldissima mattina giungemmo in quel di Taranto, rincoglioniti da una notte insonne, storditi dalle novità legate alla nuova realtà che ci aspettava, intimoriti, in parte, dalle bianche divise dei sottufficiali che cominciavano ad “inquadrarci” psicologicamente. Il viaggio in autobus verso le Scuole C.E.M.M. fu una breve parentesi, varcammo i cancelli di quella specie d’austero villaggio residenziale e fummo scaricati dinanzi all’uff. Arruolamento. …Cosa provai in quel momento? Solitudine.
150 ragazzi, parlanti i più disparati dialetti, tra i 16 e i 18 anni tra i quali un giovane alpino in divisa piovuto da chissà dove.
Tutti intenti a guardarsi intorno per capire cosa ci aspettava e dove eravamo capitati.
I primi obblighi sono di camminare incolonnati per tre, bagagli alla mano sudati per il gran caldo, per viali alberati contornati per ogni dove da gente in divisa o in strane tute da lavoro.
E’ cominciata così ….Sarei scappato seduta stante !… Ma per andare dove ?
Ripetei a me stesso che da qualche parte si doveva cominciare o ricominciare.
E fu così che quello che di li a poco sarebbe divenuto l’allievo E.M. COZZOLINO GIOVANNI Matr. 68VO149T decise di iniziare il suo percorso di vita in quella dimensione.
In quel 20 agosto del 68, in un assolato campo rettangolare non ancora asfaltato, nel bel mezzo di un centro d’addestramento della Marina, lasciando fuori di quel cancello (per sempre) quel pugno di cenere che era stata la mia vita precedente, iniziai la mia avventura.
La sorte mi fu benigna, se non altro ebbi modo di conoscere realmente dei fratelli
Gianni Cozzolino, Pistoia
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