Gli impegni presi davanti alla Nazione vanno rispettati e anche quest’ anno la consegna della sciabola ha avuto pieno successo.
Per ora tralascio il viaggio di andata che ci vede impegnati perché mi viene spontaneo mettere l’accento sul sempre minor tempo impiegato e dalla precisione degli incontri.
Giunti a Taranto alle ore 16,00 e preso possesso delle stanze al circolo non è rimasto che iniziare la nostra permanenza con una rinvigorente doccia per smaltire la stanchezza del viaggio. Annunciato al mondo intero d’essere giunti sani e salvi la passeggiata in città ci ha permesso di sciogliere i dolori alle ossa. Piccolo aneddoto: Giancarlo manda un sms a Genny (la sua meravigliosa figliola) avvertendola che dopo una corroborante doccia saremmo andati a donne. Risposta: papà mi raccomando il catetere. Contro risposta con i saluti di Moreno nonché dei miei. Controcontrorisposta: papà mi raccomando i cateteri per tutti.
Tra cazzeggi vari, lazzi e goliardiche prese in giro abbiamo atteso la serata per gustarci la pizzata che Ciro ci aveva organizzato e per aspettare l’arrivo di Sergio e di Paolo Silvio (Papalla piccolo che sembra la copia del padre nella voce e negli atteggiamenti) nonché di Angelo e Patrizia. La serata si è velocemente e simpaticamente dissolta solo quando, stanchi, ci siamo buttati sul letto. Le stanze al circolo sottufficiali erano cosi abitate.
Felice e Rosario; Giovanni, Mauro e Rino; Bibi e Annamaria; Moreno, Giancarlo e il sottoscritto. Andrea ed Manuela al circolo ufficiali; Sergio e Paolo Silvio, Lucio e Graziella, Angelo e Patrizia in albergo. Ciro e Annamaria a casa loro. Alle ore 05,30 come per incanto la stanza Vespucci si è destata e una sferzante doccia ci ha rimessi al mondo. Giancarlo Moreno ed io abbiamo chiacchierato del più e del meno fino alle 06,30 quando Moreno ha pensato bene di dare la sveglia all’intero circolo non pensando che non c’eravamo solo noi, la sveglia registrata sul telefonino comunque non ha creato danni perché nessuno l’ha insultato né tantomeno minacciato di sonore legnate. Abbiamo atteso che il gruppo si compattasse e dopo colazione ci siamo recati a San Vito e l’ingresso a Mariscuola ci ha serbato una bella sorpresa. Innanzitutto un CC che fu M.A. del corso 68, ufficiale d’ispezione, che quando gli abbiamo detto chi eravamo e chi siamo stati ha abbassato la guardia, fino a quel momento piuttosto alta e ci ha congedati con un sorriso. Potenza dei ricordi.
Convinti di andare a controllare la scultura donata nella sala storica, ci hanno invece dirottato nella palazzina degli studi con una scusa dove, debbo dire con malcelata emozione, abbiamo visto la nostra scultura fare bella mostra di sé nell’ingresso, sopra il panno rosso steso su un supporto e sotto la foto scattata a fine corso. La sorpresa è stata immensa e piacevole. E’ importante fare una considerazione: tutto quanto fatto ha il suo riconoscimento e penso che sia opportuno una volta di più fare un plauso a Moreno per l’estremo impegno con cui si applica per la migliore riuscita di quanto si mette in cantiere.
Giunti su quello che noi chiamavamo “campaccio” e preso posto dietro alle transenne a noi riservate (il palco minore si è dissolto nell’ottica del risparmio) abbiamo atteso che iniziasse la cerimonia. Stretta amicizia con Emanuela, moglie del CC G. Paolo Nardone al comando della compagnia d’onore abbiamo atteso che venisse effettuata la consegna delle sciabole con un’enorme claque da parte nostra quando Lucio ha offerto al nostro premiato la sciabola. Purtroppo non ha avuto l’accortezza di bloccare il giovane al termine della premiazione e questi si è dissolto, dovevamo consegnargli pure il gagliardetto del gruppo e fare un paio di fotografie davanti alla targa commemorativa del CC Bezzi. Il comandante Farina per il gagliardetto dice che non ci sono problemi, che riuscirà a farglielo avere; le foto le abbiamo fatte lo stesso lasciando uno spazio nel centro dove Mauro, con le sue indubbie qualità, riuscirà a farci entrare la foto di…… una bella figliola, meglio di niente. Come sempre la cerimonia del giuramento con l’urlo degli allievi è emozionante e abbiamo cantato in coro, tutti assieme, il nostro Inno, a suggellare con una degna chiusura questi splendidi istanti. Fratelli, a me personalmente monta in gola una strana sensazione di chiusura, sarà il magone?
Ho notato però che il marciare delle varie compagnie non assomiglia affatto al nostro. NOI MARCIAVAMO MEGLIO. Capo De Matteis con l’invito ad effettuare “l’effetto valanga” e arronzate terribili era in grado di renderci un corpo solo.
Atteso il defilamento delle compagnie e dopo aver inneggiato al marito della gentile e carina signora di cui prima siamo fuggiti da Mariscuola per non sottoporci all’assedio di forte Apache da parte degli affamati rappresentanti dei gruppi A.N.M.I. al banchetto a loro e a noi destinato.
Come ormai diventata abitudine, abbiamo pranzato al circolo che, anche se il cibo non è “haute couisine”, ha il pregio di essere digeribile ed economico.
Poi il pomeriggio siamo stati ospitati sul CT Mimbelli e dobbiamo rimarcare l’accoglienza calorosa e simpatica del C.te in seconda che ci ha accolto riportandoci nei nostri splendidi ma duri anni giovanili.
A tutti, salendo in plancia, l’odore tipico delle navi ha risvegliato ricordi mai sopiti. Il giro del Mimbelli è stato, per cosi dire, normale routine, perché è un’unità molto simile a quelle su cui abbiamo navigato noi. La visita ci ha rituffato in ambienti diversi ma simili ai nostri, tanto che ho notato che sembravamo tutti parte dell’equipaggio e i simpatici accompagnatori dopo un primo avvertimento di fare attenzione si sono astenuti dal farlo in seguito. Ci hanno approntato un buffet con bibite e dolcetti nell’hangar a cui abbiamo fatto la festa e abbiamo approfittato per chiacchierare anche con un paio di ragazze curiose che assistevano alla nostra allegra invasione nascoste perché non erano in uniforme, ma le abbiamo prima scovate e poi messe a loro agio raccontando loro aneddoti di vita vissuta ai quali prestavano somma attenzione. Consegnato al secondo il gagliardetto degli EM68 da parte di Moreno, fatte le foto sul ponte di volo con alle spalle la Cavour, siamo scesi dalla scaletta e l’impressione di essere ancora parte integrante della Marina si è dissolta solo fuori dalla base.
Nel resto del pomeriggio ci siamo concessi una bella franchigia.
Il ritorno in città e gli ultimi spiccioli di tempo rimasti ha permesso a tutti di prepararsi per l’apoteosi della cena a base di pesce che debbo dire ci ha soddisfatto. Un’ultima passeggiate nei pressi del ponte girevole con quella splendida persona del C.te Longhi e poi salutati Angelo e Patrizia, Sergio e Paolo, Lucio e Graziella e gli indigeni Ciro e Annamaria che non sarebbero ripassati dal circolo siamo andati a nanna. Notte tranquilla e riposante seppur breve.
Felice si è alzato lamentando il fatto di essere stato punzecchiato da zanzare, ma noi tutti non ne abbiamo vista neppure una.
Effetto del pensiero del viaggio a ritroso?
Abbiamo atteso di ritrovarci tutti assieme per i saluti, sempre emozionanti,
e soddisfatti abbiamo preso la via del ritorno. I quattro toscano/liguri per la Basentana; Bibi e Annamaria e i lombardo/emiliano/sabaudi per l’Adriatica. A metà viaggio alla disperata ricerca di un distributore di metano siamo usciti dall’autostrada finendo per fare il pieno a soli 4 km da Ripatransone. Giancarlo ci ha avvertito che se Bibi fosse venuto a saperlo avrebbe avuto sicuramente qualcosa da dire per il fatto che non passavamo da lui, cosi abbiamo deciso di non farglielo mai sapere. Mi raccomando acqua in bocca.
Ritrovatici a Tortoreto con Lucio e Graziella, abbiamo mangiato e le zanzare di Felice si sono trasformate in uno sfogo da intossicazione. Sulle prime abbiamo pensato che fosse un’allergia a Rosario, poi l’abbiamo scartata e abbiamo dato la colpa al detersivo acquistato da Giancarlo, poi ai dolci offertici sul Mimbelli quindi al pesce. L’unica cosa sicura è che non l’abbiamo scoperto.
Poi il nostro viaggio è terminato. Ci siamo lasciati in varie soste e debbo dire che il dispiacere del distacco dopo questi pochi giorni è lenito dalla promessa di un nuovo incontro.
All’anno che verrà, fratelli.
“SEMPER FRATRES”
Dario Bilotti
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